Il Progetto

Progetto “Il Cardo”

Premessa: l’antica coltivazione e lavorazione del lino
Cardile è un piccolo borgo dell’entroterra cilentana, appartenente al circondario di Vallo; il paese prende il nome dall’antico strumento, chiamato “cardo”, che veniva usato per la lavorazione del lino e anticamente erano rinomati gli abitanti per la loro attività come “cardatori di lino”. L’urbanizzazione del centro antico si è sviluppata sul dorso di una spiovente collina, circondata dai monti Ciglio, Figliarulo e Laura che lo proteggono dai freddi venti del nord; fattore questo che ha favorito lo sviluppo dell’agricoltura. Nelle sue ubertose campagne si coltivano l’ulivo e la vite, ma nel passato, e fino agli anni ’50, si praticava anche la coltura e la lavorazione del lino per la produzione di tessuti di pregiata qualità artigianale. Il lino è una fibra composita ricavata dal libro del Linum usitatissimum (lino) composta per circa il 70% da cellulosa. Come tutte le fibre liberiane, il lino ha una lunghezza media delle fibre elementari che varia dai 20 ai 30 mm; la sua finezza si aggira dai 20 ai 30 micron. Il numero di fibre presenti nella corteccia di una singola pianta può variare da 20 a 50 ed ha un aspetto lucido. In presenza di umidità questa fibra ne assorbe rigonfiandosi moderatamente.

Fiore di lino
Non è stato semplice ricostruire le varie fasi della coltivazione e lavorazione del lino e in questa fase preziose si sono rivelate le testimonianze delle persone anziane che hanno raccontato minuziosamente i vari processi. Il lino veniva seminato nel mese di novembre in terreni molto fertili e ricchi d’acqua. Le pianticelle spuntate con i primi tepori, nel mese di marzo venivano liberati dalle erbacce attraverso un’operazione detta “zappettatura”. Nei mesi di giugno e luglio, le piantine di lino, giunte a maturazione, previa innaffiatura per ammorbidire il terreno, venivano sradicate dal suolo, raggruppate in mazzetti e messa ad essiccare al sole. Seguiva la fase della pestatura, operazione che si effettuava sulle aie, e consisteva nel separare i semi dalla pianta. I semi si conservavano non solo per le successive semina, ma venivano impiegati anche per usi medicamentosi; in altre parole servivano per fare impacchi caldi detti “cataplasmi”. I mazzetti, separati dai semi, venivano sottoposti a “maceratura”, che consisteva nel collocarli all’interno di vasche o di pozzi di acqua corrente, costruiti con pietre sovrapposte che imprigionavano i mazzetti e ne impedivano il contatto con i fondali limosi. Tali pozzi, in base ad una delibera del decurionato di Gioi del 1820, bisognava costruirli lontano dall’abitato per evitare infestazioni malariche. In questa dimora il lino restava 40 giorni, quindi veniva rimosso e posto ad asciugare al sole. Seguiva la “manganatura” per liberare le fibre dalle parti legnose che le rivestivano; il “mangano” era l’attrezzo utilizzato. Con la “spatolatura” si eliminavano i residui legnosi e la successiva fase della “cardatura” si otteneva il prodotto, ”le corenedde”, pronto per essere filate. La cardatura si eseguiva con il “cardo”, attrezzo da cui, secondo la tradizione, sarebbe derivato il nome del paese: Cardile. Nella filatura, eseguita a mano, si utilizzavano due attrezzi: la “conocchia”, su cui si avvolgevano le corenedde, e il “fuso” su cui si avvolgeva il filo. Seguiva la fase dell’orditura per preparare l’ordito da collocare sul telaio e in tale processo si utilizzava “l’ordeturo”. Questo attrezzo era costituito da quatto assi di legno che formavano un rettangolo e si appoggiava ad una parete. Sui due assi verticali vi erano conficcati, a distanza regolare, dei pioli su cui si avvolgevano i fili che l’orditore/trice guidava servendosi di un’asticella di legno, recante dei fori entro cui passavano i fili, chiamata “seglietora”. Ad operazione ultimata l’ordito veniva rimosso e sistemato sul telaio. Si fissava un’estremità dell’ordito al “subbio” dell’ordito e si avvolgeva su di esso fino all’altra estremità che veniva fissata al “subbio” del tessuto; prima però si dovevano far passare i fili tra le maglie dei licci e i denti del pettine che serve per battere le trame sul fronte del tessuto. Il saliscendi dei licci, azionati dai pedali, genera una separazione tra i fili dell’ordito, il “passo” entro cui scorre la trama che è avvolta su dei rocchetti chiamati “cannedde”. Queste ultime venivano preparate utilizzando due attrezzi chiamati, dialettalmente “‘ngannalaturo” e “‘uennole”. La “cannedda” alloggiava nella navetta e veniva spinta dalle abili mani dell’operatore/trice attraverso il passo che di volta in volta si formava e il tessuto prendeva forma per poi essere ricamato.

Attività pregressa di promozione della tessitura e del ricamo
Il progetto “Il Cardo” nasce dall’esperienza dell’Associazione “Il Cardo”, nata nell’ottobre del 2006 grazie all’ impegno dell’Associazione Culturale Sportiva “Martiri Riccio” e della Pro Loco di Gioi, con lo scopo di recuperare la tradizione del ricamo e della tessitura del lino.
Con il patrocinio del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, nell’ambito del Progetto Tools – Interreg III C Zona Nord, l’Associazione realizza negli anni 2006-2007 due Corsi di Ricamo Artistico Tradizionale, tenuti da maestre con esperienza decennale nell’arte del ricamo, per la durata complessiva di 25 ore ed iscrizione limitata a 20 studenti. Con il patrocinio della Provincia di Salerno – Assessorato al lavoro, centri per l’impiego, informagiovani e politiche giovanili – realizza nell’anno 2008 un Corso di Formazione per il Ricamo e la Tessitura del lino antico presso la Scuola Media “E. Errico” di Gioi (SA) per un totale di 10 ore rilevando tra i ragazzi un elevato interesse.
Il programma dei corsi prevedeva innanzitutto le principali tecniche utilizzate nell’ambito del ricamo classico, partendo dall’istallazione del disegno sul lino, quindi la preparazione del disegno, per poi passare ai diversi punti decorativi ed arrivare alle sfilature e alle tecniche di rifinitura.
Caratteristica peculiare dei corsi è stata la valorizzazione dell’artigianato locale, nello specifico la tradizione del ricamo e della tessitura, formando allo stesso tempo figure capaci di dare vita a questi antichi mestieri. Ci si rende sempre più conto dell’importanza che riveste l’artigianato artistico nel Cilento, considerato significativo non più soltanto a livello storico e culturale, come un insieme di tipologie di antiche tecniche e conoscenze da conservare e tutelare: si è finalmente compreso, anche a livello istituzionale, che i prodotti degli artigiani devono giungere ad assumere rilievo a livello di sistema economico produttivo, devono creare occupazione e ricchezza per i giovani. Questo coniugare la rivitalizzazione e lo sviluppo economico dell’artigianato alla tutela e alla conservazione delle tecniche di produzione dei manufatti, è la chiave di volta che permetterebbe non solo l’avvicinarsi dei giovani a queste attività, ma anche lo sviluppo di un settore lavorativo in grado di produrre occupazione e ricchezza nel momento che il progetto “Il Cardo” da promozione artigianale, in futuro, si potrebbe trasformare in cooperativa o azienda tessile. Così l’artigianato non è più visto come un settore da aiutare, da finanziare affinché non scompaia, ma diventa una miniera estremamente ricca ed appetibile.

Il progetto
Questa splendida arte è protagonista del progetto artigianale “Il Cardo” con l’intenzione di divulgare l’artigianato tipico locale, ma soprattutto il ricamo artigianale su lino antico e la lavorazione del lino utilizzando antichi telai a mano. L’obiettivo è quello di valorizzare i prodotti dell’artigianato artistico locale, proiettandoli in un contesto di immagine e promozione senza precedenti. L’intero territorio è caratterizzato dalla presenza di tradizioni artigianali che mantengono ancora “il segno” del passato.
L’attività dell’ associazione si limiterà inizialmente alla sola trasformazione del filato del lino in manufatto artigianale, ricavato dalla tessitura con telaio a mano, per poterlo ricamare e intende essere racchiusa nell’opera di una compagine formata da 7 persone con ognuna dalle seguenti mansioni: N° 2 tessitrici, n° 3 ricamatrici; n. 1 disegnatrice motivi floreali decalcabili; n. 1 coordinatore.
L’idea è quella di recuperare un’antica tradizione di Cardile che da oltre 60 anni non si pratica più in paese, cioè la tessitura del filato del lino con telai a mano tradizionali. Una volta ottenuto il tessuto si provvederà a ricamare il manufatto. Si potranno così realizzare corredi costituiti da tovaglie, coperte, lenzuola, tende, centri tavola, etc., nonché manufatti e paramenti sacri per la Chiesa. La vendita dei manufatti, il cui ricavo è sempre destinato alle attività di promozione di questo tipo di artigianato all’interno dell’associazione stessa, sarà legata all’uso di canali mediatici di informazione, ma anche e soprattutto con l’attività di e-commerce, attraverso profili facebook e attraverso l’allestimento di un sito specifico che possa promuovere l’attività tessile tradizionale, nonché quella del ricamo, realizzando anche un catalogo con i manufatti prodotti, nonché un catalogo per la scelta dei motivi di ricamo stilizzati che richiamano la flora del Parco. Il prodotto sarà così presentato e acquistabile da ogni parte del Mondo attraverso ordinazioni direttamente presso la sede del laboratorio artigianale dove verranno confezionati gli articoli del catalogo.

“Ricamando…i fiori del Parco”
La particolarità dell’attività artigianale dell’associazione sarà quella di disegnare e progettare attraverso figure professionali all’interno della compagine sociale i motivi floreali da ricamare sul tessuto di lino, ottenuti dalla stilizzazione della flora appartenente al Parco Nazionale del Cilento, Alburni e Vallo di Diano. Di qui anche la collaborazione con l’Ente Parco al fine della promozione della flora del territorio. Alcune ricamatrici hanno avuto modo anche di presentare i loro manufatti sia in occasione di un gemellaggio sulla tessitura e ricamo con San Giovanni in Fiore in Calabria, sia collaborando in due occasioni con la rivista “Mani di Fata”, mensile internazionale specializzato in ricamo, producendo i decalcabili e i manufatti inseriti in due numeri della rivista.